Marx
critico di Hegel
Il
pensiero di Marx si forma a contatto e contro la filosofia di Hegel,
le idee della Sinistra hegeliana, le opere degli economisti classici
e quelle dei socialisti ch’egli stesso chiamerà utopisti.
Marx
è pronto a riconoscere in Hegel della profondità e tuttavia il
distacco di Marx da Hegel è chiaro fin dai primi scritti.
In
sostanza, per Marx la filosofia di Hegel interpreta il mondo in
maniera rovesciata. E’ ideologia. Hegel ragiona come se le
istituzioni esistenti derivino da pure necessità razionali e
legittima così l’ordine esistente come immutabile. La realtà è,
secondo Marx, che Hegel fa diventare verità filosofica quelli che
sono puri fatti storici ed empirici.Marx,
sferra contro Hegel due accuse principali:
innanzitutto
quella di subordinare la società civile allo Stato,
e
poi quella di invertire il soggetto e il predicato.
Ma,
ribadisce Marx, “come non è la religione che crea l’uomo, ma è
l’uomo che crea la religione, così non la costituzione crea il
popolo, ma il popolo la costituzione”.
Marx
critico della sinistra hegeliana
La
Sinistra hegeliana è stata, almeno sino al 1843, uno dei gruppi
intellettuali più vivaci e combattivi d’Europa.
La Sinistra
trasformò l’idealismo in materialismo, fece della religione
cristiana un fatto puramente umano e combatté la politica esistente
da posizioni “democratico-radicali”. Sennonché, per Marx, ciò è
del tutto insufficiente.
La convinzione che sta a base della
Sinistra hegeliana è che le “vere catene” degli uomini stiano
nelle loro idee .
Ebbene, nonostante le loro affermazioni
rivoluzionarie, gli ideologi Giovani-hegeliani sono, per Marx, i più
grandi conservatori”. Essi non combattono contro il mondo
reale.
Anche la Sinistra hegeliana, come Hegel, vede il mondo
rovesciato; il pensiero dei Giovani hegeliani è dunque un pensiero
ideologico, come quello di Hegel.
I giovani hegeliani tengono
separata la teoria dalla prassi; Marx unisce teoria e prassi.
Marx
critico degli economisti classici
Marx
deve molto ai lavori degli economisti classici, in quanto furono loro
che gettarono le basi della teoria secondo cui il valore deriva dal
lavoro.
Marx continuò la loro opera, ma là dove gli economisti
borghesi vedevano dei rapporti tra oggetti. Marx scoprì dei rapporti
tra uomini.
In altri termini: l’economia politica vede nelle
leggi che essa mette in evidenza delle leggi eterne, delle leggi
immutabili di natura. E non si avvede che in questo modo essa
assolutizza e giustifica un sistema di rapporti esistenti in un
determinato stadio della storia umana: è ideologia.
Dallo studio
degli economisti classici Marx ricava che alla massima produzione di
ricchezza corrisponde l’impoverimento massimo dell’operaio.
Ebbene, l’economia politica ci dice che le cose vanno così, ma non
ci dice perché vanno così, e quindi non si pone nemmeno il problema
del loro cambiamento. Essa non comprende queste leggi, cioè non
mostra come esse risultino dall’essenza della proprietà
privata.
Marx invece cerca di spiegare il sorgere della proprietà
privata, tenta di far vedere che questa è un fatto e non una legge,
e tanto meno una legge eterna.
La proprietà privata è un fatto
che consegue dalla alienazione del lavoro umano.
Marx
critico del socialismo utopistico
Marx
ed Engels distinguono il loro socialismo scientifico dagli altri tipi
di socialismo. Questi altri tipi di socialismo sono il socialismo
reazionario che ha più di una versione:
Costoro
criticano la società capitalistica, la condannano e la maledicono.
Ma non sanno trovare una via d’uscita.
A questi tipi di
socialismo Marx ed Engels contrappongono il proprio socialismo
“scientifico”, quello che avrebbe scoperto la legge di sviluppo
del capitalismo e che quindi può venire a capo dei suoi mali.
Marx
e la critica alla religione
aveva
sostenuto che la teologia è antropologia. Feuerbach risolve
l’essenza religiosa nell’essenza umana. Su questo punto, su
questo umanesimo materialista, Marx è d’accordo.
Tuttavia,
Feuerbach, ad avviso di Marx, si è fermato davanti al problema
principale e non l’ha risolto. E il problema è quello di capire
perché l’uomo crea la religione.
Gli uomini alienano il loro
essere proiettandolo in un Dio immaginario, solo quando l’esistenza
reale nella società classista proibisce lo sviluppo e la
realizzazione della loro umanità. Da ciò segue che, per superare
l’alienazione religiosa, non basta denunciarla, ma occorre cambiare
quelle condizioni di vita che permettono alla “ chimera celeste”
di sorgere e prosperare.
E’ l’uomo che crea la religione. La
religione è una coscienza rovesciata del mondo.
Esiste il mondo
fantastico degli Dei perché esiste il mondo irrazionale e ingiusto
degli uomini.
La religione è l’opera di un’umanità
sofferente ed oppressa, costretta a cercare consolazione
nell’universo immaginario della fede.
L’alienazione
del lavoro
Attraverso
Feuerbach, Marx passa dalla critica del cielo alla critica della
terra. Quel che trova sulla terra sono uomini alienati, vale a dire
espropriati del loro valore di uomini ad opera dell’espropriazione
o alienazione del loro lavoro.
Se guardiamo la storia e la
società, vediamo che il lavoro non viene più fatto per il bisogno
di appropriarsi, insieme agli altri uomini, della natura esterna.
Vediamo invece che l’uomo lavora per la sua pura sussistenza. La
proprietà privata, fondata sulla divisione del lavoro, rende il
lavoro costrittivo. All’operaio viene alienata la materia prima;
vengono alienati gli strumenti di lavoro; gli viene alienato il
prodotto del lavoro; l’operaio con la divisione del lavoro, viene
mutilato nella sua creatività e umanità. L’operaio è una merce
nelle mani del Capitale.
Ad avviso di Marx da questa alienazione
del lavoro derivano tutte le altre forme di alienazione come quella
politica (in cui lo Stato si erge al disopra e contro gli uomini
concreti) o quella religiosa. Il superamento di questa situazione
avviene, secondo Marx, attraverso la lotta di classe che eliminerà
la proprietà privata e il lavoro alienato.
Il
materialismo storico
La
teoria dell’alienazione del lavoro conduce all’altra fondamentale
teoria di Marx che è il materialismo storico.
Il materialismo
storico consiste nella tesi secondo cui: “non è la coscienza degli
uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro
essere sociale che determina la loro coscienza”.
Ciò porta ad
approfondire il rapporto che esiste tra struttura economica e
sovrastruttura ideologica. Per Marx la produzione delle idee, delle
rappresentazioni, della coscienza è direttamente intrecciata
all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini. In
altri termini: il modo di produzione della vita materiale, ovvero la
struttura economica, condiziona il processo sociale, politico e
spirituale della vita, ovvero la sovrastruttura.
Questa teoria,
cioè del condizionamento della sovrastruttura da parte della
struttura economica, servì a Marx da filo conduttore nei suoi studi,
i quali mostrarono che con il cambiamento della base economica si
sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca
sovrastruttura.
L’essenza dell’uomo sta pertanto nella sua
attività produttiva.
Se muta la struttura economica si avrà un
correlativo sconvolgimento nella sovrastruttura ideologica. E, a
grandi linee, le epoche che, ad avviso di Marx, marcano il progresso
nella formazione economica della società sono i modi di produzione:
asiatico, antico, feudale e borghese.
Il
materialismo dialettico
Ma
il materialismo di Marx è anche e soprattutto Materialismo
dialettico.
Marx si ricollega alla dialettica hegeliana – intesa
come sintesi degli opposti – però la capovolge. Mentre Hegel
afferma la dialettica della ragione, Marx afferma invece quella della
materia.
Marx rovescia la dialettica hegeliana, la trasporta dalle
idee alla storia, dalla mente ai fatti, dalla “coscienza infelice”
alla “realtà sociale in contraddizione”. In sostanza, a suo
avviso, ogni momento storico genera nel suo seno delle
contraddizioni: sono queste la molla dello sviluppo storico.
Egli
sostiene che la dialettica è la legge di sviluppo della realtà
storica e che tale legge esprime l’inevitabilità del passaggio
dalla società capitalistica alla società comunista, con la
conseguente fine dello sfruttamento e dell’alienazione.
La
lotta di classe.
Secondo
Marx, la storia di ogni società è storia di lotta di classi.
Oppressori ed oppressi: ecco, dunque, quanto vede Marx nel travaglio
della storia umana. E la nostra epoca, l’epoca della borghesia
moderna, non ha affatto eliminato l’antagonismo delle classi ma lo
ha, piuttosto, semplificato, dal momento che la società si va
scindendo in due grandi classi direttamente contrapposta tra loro:
borghesia (ovvero la classe dei moderni capitalisti, proprietari dei
mezzi di produzione e assuntori di salariati) e proletariato (ovvero
la classe dei salariati, i quali non avendo mezzi di produzione
propri, sono ridotti e vendere la loro forza-lavoro per vivere).
La
classe borghese sorge all’interno della società feudale, è la
negazione di questa e la supera. La scoperta dell’America, la
circumnavigazione dell’Africa, gli scambi con le colonie dettero
alla intraprendente classe borghese e all’industria uno slancio mai
conosciuto. L’industria, feudale o corporativa, fino allora in uso,
non bastò più. Al suo posto subentrò la manifattura. Il ceto medio
industriale soppiantò i maestri artigiani e fu introdotta la
divisione del lavoro nella singola officina stessa. Con il crescere
dei mercati, la nascita del vapore e di nuove macchine la produzione
industriale venne rivoluzionata. All’industria manifatturiera
subentrò la grande industria moderna e la borghesia moderna si
afferma sulle classi medievali.
Tuttavia, proprio per la legge
della dialettica, come la borghesia è la contraddizione interna del
feudalesimo, così il proletariato è la contraddizione interna della
borghesia. Difatti la proprietà privata, come ricchezza, è
costretta a mantenere in essere se stessa e con ciò il suo termine
antitetico, il proletariato. La borghesia produce dunque i suoi
seppellitori. La dimostrazione dell’inevitabilità della vittoria
del proletariato e del tramonto della borghesia Marx la offre nel
Capitale.
Il
capitale
L’analisi
del Capitale inizia con l’analisi della merce.
La merce ha un
duplice valore: un valore d’uso e un valore di scambio.
Il
valore d’uso si basa sulla qualità della merce, al fatto che
soddisfa un bisogno piuttosto che un altro.
Il valore di scambio è
qualcosa di identico che esiste in merci differenti, rendendole
scambiabili. E questo qualcosa è dato dalla quantità di lavoro
socialmente necessario per produrre la merce.
Sia che lo scambio
si faccia direttamente sia che si faccia attraverso la moneta, resta
che una merce non si può scambiare con un’altra, se il lavoro che
ci vuole per produrre la prima non è uguale al lavoro che ci vuole
per produrre la seconda. Lo scambio delle merci non è tanto un
rapporto tra cose, quanto un rapporto tra produttori, tra uomini e
parlare della merce in sé, senza badare al fatto che essa è invece
frutto del lavoro umano, significa farne un feticcio.
Il valore di
scambio di una merce è dato, dunque, dal lavoro sociale necessario
per produrla. Ma anche il lavoro (la forza-lavoro) è una merce che
il proprietario (il proletario) vende, in cambio del salario, al
proprietario del capitale (il capitalista).
Ma la forza-lavoro è
una merce del tutto speciale perché oltre ad avere un suo valore è
anche fonte di valore, ovvero ha la proprietà di produrre valore. Il
possessore dei mezzi di produzione avendo comprato la forza lavoro ha
il diritto di consumarla, cioè di obbligarla a lavorare, per es. per
12 ore. Ma in sei ore (tempo di lavoro necessario) l’operaio crea
prodotti che sono sufficienti a coprire le spese del proprio
mantenimento, su cui si basa il salario; mentre nelle sei ore
restanti (tempo di lavoro supplementare) crea un prodotto che il
capitalista non paga: e questo prodotto supplementare non pagato dal
capitalista all’operaio è ciò che Marx chiama plusvalore.Marx
distingue quindi tra:
capitale
costante: investito per l’acquisto dei mezzi di produzione
(macchinari e materie prime);
capitale
variabile:investito nell’acquisto di forza-lavoro.
La
formula generale che rappresenta il processo di produzione
capitalistico è la seguente: D-M-D’
D
= denaro speso per l’acquisto della merce.
M
= merce: mezzi di produzione e forza-lavoro.
D’
= denaro guadagnato, che grazie al pluslavore non pagato dal
capitalista, sarà maggiore di D.
Inoltre
è possibile l’aumento del plusvalore attraverso 2 metodi
fondamentali:
Il
plusvalore viene reinvestito dal capitalista per non soccombere alla
concorrenza. In tal modo l’accumulazione del capitale, se da una
parte concentra la ricchezza nelle mani di un numero sempre minore di
capitalisti, dall’altra, attraverso l’eliminazione dell’operaio
per mezzo di nuove macchine, genera sempre più miseria.
L’avvento
del Comunismo
La
borghesia porta nel suo seno chi la porterà alla morte, ovvero il
proletariato e la rivoluzione è un giorno inevitabile che segnerà
il trionfo del proletariato. Per Marx quindi la produzione
capitalistica genera essa stessa la propria negazione. Ed è così
che si passa dalla società capitalistica al comunismo. Si tratta di
un passaggio necessario ad una società senza proprietà privata e
quindi senza classi, senza divisione del lavoro, senza alienazione e
soprattutto senza Stato.
Questo sarebbe per Marx il comunismo
autentico, che Marx nei Manoscritti del ’44 distingueva da quello
“rozzo” consistente non nell’abolizione della proprietà
privata ma nell’attribuzione della proprietà privata allo Stato:
questa attribuzione ridurrebbe tutti gli uomini a proletari.
Il
passaggio dalla società capitalista al comunismo è un passaggio
graduale, di cui una fase, che però dovrebbe costituire solo una
fase intermedia, è rappresentata dalla dittatura del proletariato.
Successivamente si avrà il “salto nella libertà” e allora alla
vecchia società borghese subentra una associazione in cui il libero
sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti.
L'ALIENAZIONE
APPROFONDIMENTO
Per
Marx l' alienazione indica il processo che si verifica nel sistema di
produzione capitalistico per cui il prodotto del lavoro si pone di
fronte al lavoratore come estraneo e il lavoro lungi dall' essere
realizzazione dell' uomo è alienazione e espropriazione (lavoro
alienato). E' questa la tesi del giovane Marx: il lavoratore è
alienato da sè stesso, dal prodotto del suo lavoro, dalla società
veneratrice del denaro, da tutte quelle istituzioni sociali -
famiglia, morale, legge, governo - che lo costringono al servizio del
dio denaro e si allontana dal realizzare la sua potenzialità
creativa. Nel Marxismo più maturo, l' alienazione è espressa
attraverso la divisione del lavoro e delle sue molte
ramificazioni.
L' alienazione in termini esistenzialistici è in
questa considerazione: a prescindere dal proprio essere cosciente,
tutto il resto è alterità da cui si è alienati. Siamo costretti in
un mondo di cose che ci appaiono opache e che non riusciamo a capire.
In più la stessa scienza ci ha alienato dalla natura con il suo
sommergerci di concetti altamente specializzati e resi matematici e,
leggi, teorie e tecnologie che sono incomprensibili ai non
specialisti ed ai profani; questi prodotti della scienza adesso
stanno tra noi e la natura. Inoltre la rivoluzione industriale ha
alienato l'operaio dal prodotto del suo lavoro, rendendolo una
componente meccanica del sistema produttivo, come ci insegna Marx.
Noi siamo pure alienati dalle istituzioni umane - dal governo
burocratico, sia a livello nazionale che locale, dai partiti
politici, dalle imprese multinazionali, dalle organizzazioni
religiose nazionali - esse sembrano enormi ed impersonali fonti di
potere aventi vita propria. Come individui noi non sentiamo né di
esserene parte di né possiamo capire come funzionano. Noi viviamo
alienati dalle nostre stesse istituzioni. Inoltre, dicono gli
esistenzialisti, noi siamo esclusi dalla storia. Non abbiamo più il
senso delle nostre radici in un passato significante né vediamo
muoverci verso un futuro significante. Come risultato, noi non
apparteniamo né al passato, al presente o al futuro.
E per ultimo
punto, forse il più penoso, l'esistenzialismo evidenzia che tutte le
nostre relazioni personali sono avvelenate da sentimenti di
alienazione dall' "altro". L'alienazione e l'ostilità
nascono all'interno delle famiglie tra genitori e figli, tra marito e
moglie, tra i figli stessi. L'alienazione infetta tutte le relazioni
sociali e lavorative e, più crudelmente, essa domina i rapporti
sentimentali.