lunedì 3 giugno 2013

LA SCUOLA DI FRANCOFORTE

La scuola di Francoforte rappresenta un gruppo di studiosi che indirizzarono i loro sforzi intellettuali, intorno agli anni Trenta, verso i temi della filosofia e della sociologia. Il luogo attorno al quale svilupparono le loro ricerche fu l’Istituto di ricerche sociali, con sede appunto a Francoforte.
L’attività accademica e di ricerca fu momentaneamente interrotta dall’avvento in Germania del nazismo; molti collaboratori si trasferirono dapprima a Parigi, e nel corso della seconda guerra mondiale a New York. Dopo il 1945 molti studiosi fecero ritorno a Francoforte, mentre altri rimasero stabilmente negli Stati Uniti.
Il tema principale, oggetto di studio dell’Istituto, fu quello della cosiddetta “teoria critica della società”. Con questa espressione si indica l’elaborazione intellettuale tesa a criticare l’ideologia capitalistica, evidenziandone le falle interne e con l’intento di offrire modelli d’interpretazione alternativi.
Pur condividendo l’apparato teorico centrale, ognuno degli studiosi appartenenti alla Scuola di Francoforte puntò l’attenzione su aspetti diversi del problema. Ecco i principali esponenti e il loro campo di studi.
Max Horkheimer fu il fondatore dell’Istituto di ricerche sociali presso Francoforte, nonché principale esponente delle “teoria critica”. Con l’avvento del nazismo si trasferì prima a Parigi dove, con la collaborazione di Fromm e Marcuse, redasse gli Studi sull’autorità e la famiglia. In quest’opera sostenne che la famiglia è il luogo sociale in cui si crea e si rafforza il consenso dominante, frutto del capitalismo. Nel periodo statunitense scrisse un altro libro, Eclisse della ragione, in cui criticò la società dominata dalla tecnica. Le teorie elaborate da Horkheimer derivano in parte dalla conoscenza approfondita della teoria marxista e dall’uso della psicanalisi.
Theodor Adorno, come la maggior parte dei suoi colleghi, dovette abbandonare Francoforte in seguito alle politiche repressive naziste, per fuggire prima a Parigi e successivamente a New York. Assieme a Horkheimer scrisse il libro Dialettica dell’Illuminismo. Il pensiero sociologico che perseguì ruotò attorno a tre punti:
  • il concetto di razionalità strumentale, ovvero l’abuso degli ideali illuministi da parte del capitalismo, con lo scopo di aumentare il consenso e il controllo sull’uomo;
  • l’industria culturale, cioè la sistematica opera di omologazione e appiattimento delle diversità degli uomini, al fine creare bisogni sempre più uguali con l’aiuto indispensabile dei massmedia;
  • il mito della personalità autoritaria, riprendendo le idee di Horkheimer, che dà alla famiglia la maggiore responsabilità nella creazione del consenso.
 Herbert Marcuse diede un forte impulso alle rivolte studentesche del ’68. Le sue idee muovevano da un’esigenza di affrancamento dall’ordine soffocante della società industriale. Pur partendo da idee marxiste, se ne distacca quasi immediatamente, non condividendo la classica contrapposizione tra borghesia e proletariato (quest’ultimo già ben inserito nella società dei consumi), ma vedendo negli studenti e nei soggetti emarginati gli elementi più eversivi. Tra le sue opere si ricordano Eros e civiltà e L’uomo a una dimensione.
Con Erich Fromm viene interamente trattato il tema della società capitalistica, in rapporto alla personalità dell’individuo, grazie all’uso della psicanalisi. Secondo Fromm, la società attuale non riesce, per sua natura, a soddisfare i naturali bisogni dell’individuo, necessari per la sua realizzazione. Compito della psicanalisi è quello di aiutare il singolo a riconoscere le proprie esigenze e, attraverso la creatività, a realizzare se stesso. Alcune opere da lui scritte sono L’arte di amare, Dalla parte dell’uomo e Avere o essere.

NIETZSCHE IN SINTESI

"La nascita della tragedia"
Con La nascita della tragedia dallo spirito della musica Nietzsche critica il carattere unilaterale e riduttivo della cultura tedesca del suo tempo, che è "teoretica", subordina l'arte al concetto, senza che l'impulso apollineo sia posto in relazione con l'impulso dionisiaco.

La tragedia greca
I due impulsi, per un miracoloso atto metafisico della "volontà" ellenica, appaiono accoppiati solo nella produzione dei grandi tragici greci.

La critica allo storicismo
Vi è però la possibilità di una ripresa dello spirito tragico e di un superamento della cultura teoretica e dello "spirito storico-critico" della cultura presente. Denuncia i danni provocati dalla mentalità storicistica, a cui si oppone la capacità di dimenticare o di sentire "in modo non storico".

"Umano troppo umano": il nuovo metodo del conoscere
Con Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi propugna "una chimica delle idee e dei sentimenti morali, religiosi ed estetici", ponendosi come un aggiornato discorso sul metodo, che sappia rendere "giustizia" alla conoscenza, disdegnando "tutto ciò che acceca e confonde il giudizio sulle cose".

"Aurora": lo scavo della morale
In Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali (1881) si dedica al lavoro di scavo nei presupposti della morale, che vengono ricondotti principalmente alla pressione della paura e del conformismo sociale.

"La gaia scienza": critica del sapere scientifico
Ne La gaia scienza critica radicalmente il sapere scientifico, rimproverandogli di spiegare tutto col nesso di causa ed effetto, che, se da una parte permette di descrivere meglio il divenire, dall'altra non ce lo fa comprendere nei suoi aspetti qualitativi.

"Così parlò Zarathustra": la morte di Dio
In Così parlò Zarathustra affronta il compito di pensare l'uomo e il mondo dopo che "Dio è morto".

La fedeltà alla terra e la dottrina dell'eterno ritorno
Dopo il nichilismo nel quale si sono dissolti i valori della tradizione platonico-cristiana, Zarathustra insegna a essere "fedeli alla terra", dichiarando la razionalità "impossibile" e sviluppando la dottrina dell'eterno ritorno dell'identico, come attribuzione di un fondamento di senso a ciò che non s'intende lasciare nella condizione di casualità assoluta.

Lo scopo costruttivo della filosofia di Nietzsche
Ciò mette in luce l'intento costruttivo di Nietzsche sulle ceneri del nichilismo: il divenire concepito nella circolarità di piacere e dolore, consente di amare il mondo (amor fati) e di riscattarlo in modo immanente.

Il superuomo
Questo riscatto esige il tramonto dell'idea tradizionale di uomo "per costruire la casa al superuomo", capace di costruire autonomamente un'esistenza colma di vita e di senso.

La "genealogia della morale"
Nella Genealogia della morale, la morale platonico-cristiana, appiattita sul livello dei più deboli e rinunciatari, viene stigmatizzata come morale degli schiavi e del risentimento contro le virtù generose praticate positivamente dagli aristocratici.



FREUD IN SINTESI

Freud e la psicoanalisi
Freud arriva alla formulazione del suo concetto di inconscio attraverso lo studio delle nevrosi, di cui individua la causa in rappresentazioni mentali, sentite come inaccettabili e con cui il soggetto è in conflitto tanto da respingerle nell'inconscio.

L'inconscio
Freud approfondisce la nozione di inconscio mediante lo studio di fenomeni normali come il sogno, i lapsus e i motti di spirito, attraverso i quali l'inconscio esprime desideri censurati.

La sessualità e il complesso di Edipo
L'importanza della sessualità nelle cause della nevrosi lo porta a studiare metodicamente le tappe con cui la sessualità si sviluppa a partire dalla prima infanzia. Centrale è il complesso di Edipo, per cui il bambino ama il genitore dell'altro sesso in rivalità con il genitore del proprio sesso.

La struttura della personalità
Freud distingue nella psiche un'area inconscia, una conscia e una preconscia, fra cui avvengono i processi delle pulsioni mosse dalla libido, l'energia della sessualità.

Le istanze della personalità
Infine la scoperta di nuovi fenomeni lo induce a formulare una nuova teoria delle pulsioni (accanto alla libido individua una pulsione autodistruttiva, o di morte) e una nuova, e definitiva, partizione della mente in Es, Io e Super-Io.

L'interpretazione dei fenomeni culturali
Freud si impegna a fornire anche un'interpretazione psicoanalitica dei fenomeni culturali, analizzando la religione, la società, il rapporto col capo. Jung chiama la propria teoria psicologia analitica: l'"inconscio" non è un luogo psichico come per Freud, ma un aggettivo che designa un insieme di "complessi", che l'Io può controllare o non controllare.

Jung e la psicologia analitica
All'inconscio si accede attraverso approcci metaforici o figure quali l'anima, l'animus, l'ombra, la persona.

L'inconscio personale e l'inconscio collettivo
Oltre all'inconscio personale Jung individua anche un inconscio collettivo, in cui resta depositato il patrimonio psicologico dell'umanità.

Il Sé e l'Io
La dinamica psichica è una relazione tra il Sé e l'Io: l'Io è il centro della mente cosciente, il Sé è l'unità complessiva della personalità sia come momento iniziale della vita psichica, sia come sua realizzazione.

L'autorealizzazione
L'autorealizzazione prevede una prima fase di adattamento alla realtà e una seconda fase di individuazione, articolata nelle due operazioni della differenziazione e dell'integrazione.

Il simbolo
Operatore del processo di individuazione è il simbolo, un'azione che tiene insieme gli opposti in cui si svolge la vita psichica e rimanda a qualcosa di fondamentalmente sconosciuto e per il quale non c'è un'espressione razionale adeguata. Per Jung la produzione simbolica crea un'eccedenza di senso rispetto all'esistente nella quale si esprime la capacità di trasformarsi della vita individuale e della storia collettiva.









MARX

Marx critico di Hegel

Il pensiero di Marx si forma a contatto e contro la filosofia di Hegel, le idee della Sinistra hegeliana, le opere degli economisti classici e quelle dei socialisti ch’egli stesso chiamerà utopisti.
Marx è pronto a riconoscere in Hegel della profondità e tuttavia il distacco di Marx da Hegel è chiaro fin dai primi scritti.
In sostanza, per Marx la filosofia di Hegel interpreta il mondo in maniera rovesciata. E’ ideologia. Hegel ragiona come se le istituzioni esistenti derivino da pure necessità razionali e legittima così l’ordine esistente come immutabile. La realtà è, secondo Marx, che Hegel fa diventare verità filosofica quelli che sono puri fatti storici ed empirici.
Marx, sferra contro Hegel due accuse principali:

  • innanzitutto quella di subordinare la società civile allo Stato,
  • e poi quella di invertire il soggetto e il predicato.

Ma, ribadisce Marx, “come non è la religione che crea l’uomo, ma è l’uomo che crea la religione, così non la costituzione crea il popolo, ma il popolo la costituzione”.

Marx critico della sinistra hegeliana

La Sinistra hegeliana è stata, almeno sino al 1843, uno dei gruppi intellettuali più vivaci e combattivi d’Europa.
La Sinistra trasformò l’idealismo in materialismo, fece della religione cristiana un fatto puramente umano e combatté la politica esistente da posizioni “democratico-radicali”. Sennonché, per Marx, ciò è del tutto insufficiente.
La convinzione che sta a base della Sinistra hegeliana è che le “vere catene” degli uomini stiano nelle loro idee .
Ebbene, nonostante le loro affermazioni rivoluzionarie, gli ideologi Giovani-hegeliani sono, per Marx, i più grandi conservatori”. Essi non combattono contro il mondo reale.
Anche la Sinistra hegeliana, come Hegel, vede il mondo rovesciato; il pensiero dei Giovani hegeliani è dunque un pensiero ideologico, come quello di Hegel.
I giovani hegeliani tengono separata la teoria dalla prassi; Marx unisce teoria e prassi.

Marx critico degli economisti classici

Marx deve molto ai lavori degli economisti classici, in quanto furono loro che gettarono le basi della teoria secondo cui il valore deriva dal lavoro.
Marx continuò la loro opera, ma là dove gli economisti borghesi vedevano dei rapporti tra oggetti. Marx scoprì dei rapporti tra uomini.
In altri termini: l’economia politica vede nelle leggi che essa mette in evidenza delle leggi eterne, delle leggi immutabili di natura. E non si avvede che in questo modo essa assolutizza e giustifica un sistema di rapporti esistenti in un determinato stadio della storia umana: è ideologia.
Dallo studio degli economisti classici Marx ricava che alla massima produzione di ricchezza corrisponde l’impoverimento massimo dell’operaio. Ebbene, l’economia politica ci dice che le cose vanno così, ma non ci dice perché vanno così, e quindi non si pone nemmeno il problema del loro cambiamento. Essa non comprende queste leggi, cioè non mostra come esse risultino dall’essenza della proprietà privata.
Marx invece cerca di spiegare il sorgere della proprietà privata, tenta di far vedere che questa è un fatto e non una legge, e tanto meno una legge eterna.
La proprietà privata è un fatto che consegue dalla alienazione del lavoro umano.
  
Marx critico del socialismo utopistico

Marx ed Engels distinguono il loro socialismo scientifico dagli altri tipi di socialismo. Questi altri tipi di socialismo sono il socialismo reazionario che ha più di una versione:

  • Il socialismo conservatore o borghese;
  • Il socialismo e comunismo critico-utopistico.

Costoro criticano la società capitalistica, la condannano e la maledicono. Ma non sanno trovare una via d’uscita.
A questi tipi di socialismo Marx ed Engels contrappongono il proprio socialismo “scientifico”, quello che avrebbe scoperto la legge di sviluppo del capitalismo e che quindi può venire a capo dei suoi mali.
  
Marx e la critica alla religione
aveva sostenuto che la teologia è antropologia. Feuerbach risolve l’essenza religiosa nell’essenza umana. Su questo punto, su questo umanesimo materialista, Marx è d’accordo.
Tuttavia, Feuerbach, ad avviso di Marx, si è fermato davanti al problema principale e non l’ha risolto. E il problema è quello di capire perché l’uomo crea la religione.
Gli uomini alienano il loro essere proiettandolo in un Dio immaginario, solo quando l’esistenza reale nella società classista proibisce lo sviluppo e la realizzazione della loro umanità. Da ciò segue che, per superare l’alienazione religiosa, non basta denunciarla, ma occorre cambiare quelle condizioni di vita che permettono alla “ chimera celeste” di sorgere e prosperare.
E’ l’uomo che crea la religione. La religione è una coscienza rovesciata del mondo.
Esiste il mondo fantastico degli Dei perché esiste il mondo irrazionale e ingiusto degli uomini.
La religione è l’opera di un’umanità sofferente ed oppressa, costretta a cercare consolazione nell’universo immaginario della fede.

L’alienazione del lavoro

Attraverso Feuerbach, Marx passa dalla critica del cielo alla critica della terra. Quel che trova sulla terra sono uomini alienati, vale a dire espropriati del loro valore di uomini ad opera dell’espropriazione o alienazione del loro lavoro.
Se guardiamo la storia e la società, vediamo che il lavoro non viene più fatto per il bisogno di appropriarsi, insieme agli altri uomini, della natura esterna. Vediamo invece che l’uomo lavora per la sua pura sussistenza. La proprietà privata, fondata sulla divisione del lavoro, rende il lavoro costrittivo. All’operaio viene alienata la materia prima; vengono alienati gli strumenti di lavoro; gli viene alienato il prodotto del lavoro; l’operaio con la divisione del lavoro, viene mutilato nella sua creatività e umanità. L’operaio è una merce nelle mani del Capitale.
Ad avviso di Marx da questa alienazione del lavoro derivano tutte le altre forme di alienazione come quella politica (in cui lo Stato si erge al disopra e contro gli uomini concreti) o quella religiosa. Il superamento di questa situazione avviene, secondo Marx, attraverso la lotta di classe che eliminerà la proprietà privata e il lavoro alienato.

Il materialismo storico

La teoria dell’alienazione del lavoro conduce all’altra fondamentale teoria di Marx che è il materialismo storico.
Il materialismo storico consiste nella tesi secondo cui: “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”.
Ciò porta ad approfondire il rapporto che esiste tra struttura economica e sovrastruttura ideologica. Per Marx la produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza è direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini. In altri termini: il modo di produzione della vita materiale, ovvero la struttura economica, condiziona il processo sociale, politico e spirituale della vita, ovvero la sovrastruttura.
Questa teoria, cioè del condizionamento della sovrastruttura da parte della struttura economica, servì a Marx da filo conduttore nei suoi studi, i quali mostrarono che con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.
L’essenza dell’uomo sta pertanto nella sua attività produttiva.
Se muta la struttura economica si avrà un correlativo sconvolgimento nella sovrastruttura ideologica. E, a grandi linee, le epoche che, ad avviso di Marx, marcano il progresso nella formazione economica della società sono i modi di produzione: asiatico, antico, feudale e borghese.
  
Il materialismo dialettico

Ma il materialismo di Marx è anche e soprattutto Materialismo dialettico.
Marx si ricollega alla dialettica hegeliana – intesa come sintesi degli opposti – però la capovolge. Mentre Hegel afferma la dialettica della ragione, Marx afferma invece quella della materia.
Marx rovescia la dialettica hegeliana, la trasporta dalle idee alla storia, dalla mente ai fatti, dalla “coscienza infelice” alla “realtà sociale in contraddizione”. In sostanza, a suo avviso, ogni momento storico genera nel suo seno delle contraddizioni: sono queste la molla dello sviluppo storico.
Egli sostiene che la dialettica è la legge di sviluppo della realtà storica e che tale legge esprime l’inevitabilità del passaggio dalla società capitalistica alla società comunista, con la conseguente fine dello sfruttamento e dell’alienazione.


La lotta di classe.

Secondo Marx, la storia di ogni società è storia di lotta di classi. Oppressori ed oppressi: ecco, dunque, quanto vede Marx nel travaglio della storia umana. E la nostra epoca, l’epoca della borghesia moderna, non ha affatto eliminato l’antagonismo delle classi ma lo ha, piuttosto, semplificato, dal momento che la società si va scindendo in due grandi classi direttamente contrapposta tra loro: borghesia (ovvero la classe dei moderni capitalisti, proprietari dei mezzi di produzione e assuntori di salariati) e proletariato (ovvero la classe dei salariati, i quali non avendo mezzi di produzione propri, sono ridotti e vendere la loro forza-lavoro per vivere).
La classe borghese sorge all’interno della società feudale, è la negazione di questa e la supera. La scoperta dell’America, la circumnavigazione dell’Africa, gli scambi con le colonie dettero alla intraprendente classe borghese e all’industria uno slancio mai conosciuto. L’industria, feudale o corporativa, fino allora in uso, non bastò più. Al suo posto subentrò la manifattura. Il ceto medio industriale soppiantò i maestri artigiani e fu introdotta la divisione del lavoro nella singola officina stessa. Con il crescere dei mercati, la nascita del vapore e di nuove macchine la produzione industriale venne rivoluzionata. All’industria manifatturiera subentrò la grande industria moderna e la borghesia moderna si afferma sulle classi medievali.
Tuttavia, proprio per la legge della dialettica, come la borghesia è la contraddizione interna del feudalesimo, così il proletariato è la contraddizione interna della borghesia. Difatti la proprietà privata, come ricchezza, è costretta a mantenere in essere se stessa e con ciò il suo termine antitetico, il proletariato. La borghesia produce dunque i suoi seppellitori. La dimostrazione dell’inevitabilità della vittoria del proletariato e del tramonto della borghesia Marx la offre nel Capitale.

 
Il capitale

L’analisi del Capitale inizia con l’analisi della merce.
La merce ha un duplice valore: un valore d’uso e un valore di scambio.
Il valore d’uso si basa sulla qualità della merce, al fatto che soddisfa un bisogno piuttosto che un altro.
Il valore di scambio è qualcosa di identico che esiste in merci differenti, rendendole scambiabili. E questo qualcosa è dato dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrre la merce.
Sia che lo scambio si faccia direttamente sia che si faccia attraverso la moneta, resta che una merce non si può scambiare con un’altra, se il lavoro che ci vuole per produrre la prima non è uguale al lavoro che ci vuole per produrre la seconda. Lo scambio delle merci non è tanto un rapporto tra cose, quanto un rapporto tra produttori, tra uomini e parlare della merce in sé, senza badare al fatto che essa è invece frutto del lavoro umano, significa farne un feticcio.
Il valore di scambio di una merce è dato, dunque, dal lavoro sociale necessario per produrla. Ma anche il lavoro (la forza-lavoro) è una merce che il proprietario (il proletario) vende, in cambio del salario, al proprietario del capitale (il capitalista).
Ma la forza-lavoro è una merce del tutto speciale perché oltre ad avere un suo valore è anche fonte di valore, ovvero ha la proprietà di produrre valore. Il possessore dei mezzi di produzione avendo comprato la forza lavoro ha il diritto di consumarla, cioè di obbligarla a lavorare, per es. per 12 ore. Ma in sei ore (tempo di lavoro necessario) l’operaio crea prodotti che sono sufficienti a coprire le spese del proprio mantenimento, su cui si basa il salario; mentre nelle sei ore restanti (tempo di lavoro supplementare) crea un prodotto che il capitalista non paga: e questo prodotto supplementare non pagato dal capitalista all’operaio è ciò che Marx chiama plusvalore.
Marx distingue quindi tra:

  1. capitale costante: investito per l’acquisto dei mezzi di produzione (macchinari e materie prime);
  2. capitale variabile:investito nell’acquisto di forza-lavoro.

La formula generale che rappresenta il processo di produzione capitalistico è la seguente: D-M-D’

  • D = denaro speso per l’acquisto della merce.
  • M = merce: mezzi di produzione e forza-lavoro.
  • D’ = denaro guadagnato, che grazie al pluslavore non pagato dal capitalista, sarà maggiore di D.

Inoltre è possibile l’aumento del plusvalore attraverso 2 metodi fondamentali:
  • il prolungamento della giornata di lavoro (plusvalore assoluto);
  • la riduzione della giornata di lavoro necessario (plusvalore relativo).

Il plusvalore viene reinvestito dal capitalista per non soccombere alla concorrenza. In tal modo l’accumulazione del capitale, se da una parte concentra la ricchezza nelle mani di un numero sempre minore di capitalisti, dall’altra, attraverso l’eliminazione dell’operaio per mezzo di nuove macchine, genera sempre più miseria.

L’avvento del Comunismo

La borghesia porta nel suo seno chi la porterà alla morte, ovvero il proletariato e la rivoluzione è un giorno inevitabile che segnerà il trionfo del proletariato. Per Marx quindi la produzione capitalistica genera essa stessa la propria negazione. Ed è così che si passa dalla società capitalistica al comunismo. Si tratta di un passaggio necessario ad una società senza proprietà privata e quindi senza classi, senza divisione del lavoro, senza alienazione e soprattutto senza Stato.
Questo sarebbe per Marx il comunismo autentico, che Marx nei Manoscritti del ’44 distingueva da quello “rozzo” consistente non nell’abolizione della proprietà privata ma nell’attribuzione della proprietà privata allo Stato: questa attribuzione ridurrebbe tutti gli uomini a proletari.
Il passaggio dalla società capitalista al comunismo è un passaggio graduale, di cui una fase, che però dovrebbe costituire solo una fase intermedia, è rappresentata dalla dittatura del proletariato. Successivamente si avrà il “salto nella libertà” e allora alla vecchia società borghese subentra una associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti.

L'ALIENAZIONE APPROFONDIMENTO

Per Marx l' alienazione indica il processo che si verifica nel sistema di produzione capitalistico per cui il prodotto del lavoro si pone di fronte al lavoratore come estraneo e il lavoro lungi dall' essere realizzazione dell' uomo è alienazione e espropriazione (lavoro alienato). E' questa la tesi del giovane Marx: il lavoratore è alienato da sè stesso, dal prodotto del suo lavoro, dalla società veneratrice del denaro, da tutte quelle istituzioni sociali - famiglia, morale, legge, governo - che lo costringono al servizio del dio denaro e si allontana dal realizzare la sua potenzialità creativa. Nel Marxismo più maturo, l' alienazione è espressa attraverso la divisione del lavoro e delle sue molte ramificazioni.
L' alienazione in termini esistenzialistici è in questa considerazione: a prescindere dal proprio essere cosciente, tutto il resto è alterità da cui si è alienati. Siamo costretti in un mondo di cose che ci appaiono opache e che non riusciamo a capire. In più la stessa scienza ci ha alienato dalla natura con il suo sommergerci di concetti altamente specializzati e resi matematici e, leggi, teorie e tecnologie che sono incomprensibili ai non specialisti ed ai profani; questi prodotti della scienza adesso stanno tra noi e la natura. Inoltre la rivoluzione industriale ha alienato l'operaio dal prodotto del suo lavoro, rendendolo una componente meccanica del sistema produttivo, come ci insegna Marx. Noi siamo pure alienati dalle istituzioni umane - dal governo burocratico, sia a livello nazionale che locale, dai partiti politici, dalle imprese multinazionali, dalle organizzazioni religiose nazionali - esse sembrano enormi ed impersonali fonti di potere aventi vita propria. Come individui noi non sentiamo né di esserene parte di né possiamo capire come funzionano. Noi viviamo alienati dalle nostre stesse istituzioni. Inoltre, dicono gli esistenzialisti, noi siamo esclusi dalla storia. Non abbiamo più il senso delle nostre radici in un passato significante né vediamo muoverci verso un futuro significante. Come risultato, noi non apparteniamo né al passato, al presente o al futuro.
E per ultimo punto, forse il più penoso, l'esistenzialismo evidenzia che tutte le nostre relazioni personali sono avvelenate da sentimenti di alienazione dall' "altro". L'alienazione e l'ostilità nascono all'interno delle famiglie tra genitori e figli, tra marito e moglie, tra i figli stessi. L'alienazione infetta tutte le relazioni sociali e lavorative e, più crudelmente, essa domina i rapporti sentimentali.










BERGSON

  • 1. Bergson distinzione fondamentale tempo della scienza tempo della vita è è quantitativo omogeneo ripetibile reversibile discreto qualitativo eterogeneo irripetibile irreversibile continuo astratto, esteriore, spazializzato è interiorità e si identifica con la durata reale Il tempo della scienza è una costruzione formale fisico-matematica, mentre il tempo della vita coincide con lo svolgersi autocreativo della coscienza ed è libertà p.e. la collana di perle p.e. la valanga
  • 2. Bergson parlando di spirito e corpo distingue percezione memoria ricordo conoscenza che registra ciò che accade, anche ciò di cui non si è consapevoli la memoria pura è il nostro passato, la memoria complessiva materializzazione di un ricordo passato che non sempre avviene ricordo immagine solo ciò che serve all’agire è trasformato in ricordi immagine; il resto è obliato la coscienza è memoria, ma non è necessariamente ricordo è una frazione della memoria complessiva
  • 3. l’universo la vita biologica sono durata vita come creazione e conservazione integrale del passato individuo natura somma di scelte successive conserva le possibilità alternative e divergenti la prima biforcazione è fra pianta e animale solo lo slancio vitale conserva l’elemento unitario senza alcun finalismo e meccanicismo il dividersi dello slancio vitale in individui e specie, dell’individuo negli organi costitutivi, dell’organo negli elementi che lo compongono, è dovuto alla resistenza della materia informe
  • 4. slancio vitale è una specie di corrente che penetra e domina la materia, progredendo nella direzione dell’istinto e dell’intelligenza. È esigenza di creazione non assoluta perché trova il limite nella materia, pura necessità in cui introduce quanto più possibile di libertà la coscienza stessa intesa come durata reale la durata reale è il tempo dello spirito, inteso come un flusso continuo, in cui tutto è nuovo e nello stesso tempo conservato
  • 5. istinto intelligenza intuizione capacità di utilizzare o costruire strumenti organizzati homo faber vs homo sapiens crea strumenti artificiali e ne varia infinitamente la fabbricazione come in un film i fotogrammi separati dallo svolgersi della pellicola si riducono ad immagini statiche, così l’intelligenza si priva di ciò che intimamente costituisce la vita: il divenire e la durata rapporto immediato e diretto con la realtà assoluta, ossia con la durata della coscienza o con lo slancio creativo della vita arte metafisica capacità di riflettere sul proprio oggetto estendendolo infinitamente
  • 6. il mondo umano manifesta il medesimo dualismo tra immobilità e movimento nella società chiuse società aperte individuo agisce come parte del tutto con un margine ridotto di libertà e di iniziativa sono società statiche sono società dinamiche continua lo sforzo creativo della vita domina la morale dell’obbligazione basata sulla solidità del gruppo domina una morale assoluta che non guarda a un gruppo determinato ma all’umanità intera religione statica fondata sul mito e sulla superstizione, tale da fungere da riparo di fronte ai pericoli ad essa si oppone la religione dinamica, che si basa sul misticismo e si inserisce nello slancio creativo della vita, in vista di un amore universale e attivo, momento ultimo dell’universo inteso come macchina destinata a creare la divinità

    FEUERBACH

    La riduzione della teologia ad antropologia: da dio all’uomo
    Nello scritto “Per la critica della filosofia hegeliana”, Feuerbach elogia Hegel, ma nello stesso tempo lo critica; affermando:”Hegel incomincia con l’essere, cioè col concetto di essere, o con l’essere astratto; perché io non devo poter cominciare con l’essere stesso, cioè con l’essere reale?
    Nell’opera più importante di Feuerbach,” L’essenza del cristianesimo” l’autore completa la sua critica a Hegel ed effettua quella che egli stesso definisce la riduzione della teologia e della religione ad antropologia. L’interesse per la religione fu chiaro a Feuerbach fin dagli inizi, è rimasto costante in tutte le fasi del suo pensiero.
    Mentre Hegel aveva tolto via il Dio trascendente della tradizione e ad esso aveva sostituito lo Spirito, cioè, diciamo, la realtà umana nella sua astrattezza, Feuerbach fa un ulteriore passo e dato che quello che interessa Feuerbach non è un’Idea di umanità quanto piuttosto l’uomo reale che è innanzi tutto natura, corporeità, sensibilità, bisogno, egli arriva a negare l’Idealismo che è solo lo smarrimento dell’uomo concreto. E afferma che a maggior ragione bisogna negare anche il teismo, giacché non è Dio che crea l’uomo ma è l’uomo che crea Dio.

    La teologia è antropologia
    Feuerbach ammette con Hegel l’unità dell’infinito col finito. Ma questa unità a suo avviso, non si realizza in Dio o nell’Idea assoluta, ma nell’uomo, in un uomo che la filosofia non può ridurre a puro pensiero ma che deve considerare nella sua interezza .
    E nella storia dell’uomo concreto la religione ha avuto sempre un ruolo fondamentale.
    La filosofia non ha il compito di negare o ridicolizzare questo grande fatto umano che è la religione. Deve capirlo. E lo si capisce, afferma Feuerbach, allorché ci si rende conto che “la coscienza che l’uomo ha di Dio è la coscienza che l’uomo ha di sé”. In altri termini, l’uomo pone le sue qualità, le sue aspirazioni, i suoi desideri al di fuori di sé, si estranea, si aliena e costruisce la sua Divinità.
    La religione, dunque, è la proiezione dell’essenza dell’uomo: la religione, per Feuerbach, è un fatto umano, totalmente umano.
    E’ questo il senso della tesi di Feuerbach, secondo cui “il nucleo segreto della teologia è l’antropologia”. L’uomo sposta il suo essere fuori di sé prima di ritrovarlo in sé. E questo ritrovamento, “questa aperta confessione o ammissione che la coscienza di Dio non è altro che la coscienza della specie”, Feuerbach la vede come “una svolta della storia”. Finalmente, nella storia, ”homo homini deus est”.
    Ma perché l’uomo si estranea, perché costruisce la divinità senza riconoscersi in essa? Perché l’uomo, risponde Feuerbach, trova una natura insensibile alle sue sofferenze, perché ha segreti che lo soffocano e nella religione allevia il proprio cuore oppresso.
    Ecco, dunque svelato il mistero della religione: al Dio in cielo Feuerbach sostituisce un’altra divinità, l’uomo “di carne e di sangue”. E alla morale che raccomandava l’amore di Dio, egli intende sostituire la morale che raccomanda l’amore dell’uomo in nome dell’uomo. E’ questo l’intento dell’umanesimo di Feuerbach: quello di trasformare gli uomini da amici di Dio in amici degli uomini.

    KIERKEGAARD

    La sua filosofia si pone come una radicale critica alla filosofia di Hegel (=filosofia moderna):

    • alla ragione universale hegeliana Kierkegaard contrappone il SINGOLO Il Singolo è la categoria attraverso la quale debbono passare, dal puntodi vista religioso, il tempo, la storia,l’umanità.[1327]
    • alla riflessione sull’essenza contrappone la considerazione dell’ESISTENZA, del modo di essere proprio del singolo uomo. EX-sistere significa emergere dal nulla ed esporsi sul confine precario tra l’essere e il non essere, sul piano dell’esistenza tutto è POSSIBILE
    • Alla necessità hegeliana contrappone la POSSIBILITA’, dimensione fondamentale dell’esistenza, intesa tanto nel suo aspetto positivo, quanto in quello negativo, che come tale implica la minaccia del nulla, dà all’esistenza del singolo una condizione di radicale instabilità.
    • la dialettica hegeliana, come conciliazione e sintesi degli opposti (et…et), è per Kierkegaard impossibile sul piano dell’esistenza, dove le contraddizioni sono inconciliabili, gli opposti costituiscono i termini di un’alternativa radicale, di un AUT…AUT, tra i quali il singolo deve scegliere. L’individuo non è quello che è, ma diviene quello che sceglie di essere "Esistere è scegliere" e nella scelta il singolo gioca tutto se stesso, l’intera sua esistenza.

    Le infinite possibilità davanti alle quali si trova il singolo vengono riassunte in tre forme di esistenza, esse si presentano nella scelta sempre a due a due e non sono legate da alcun processo di tipo dialettico. Il passaggio tra una forma di vita e l'altra tuttavia comporta sempre il rischio di cadere nel nulla.

    Vita Estetica: Forma di vita di chi "sceglie di non scegliere" e così facendo mantiene sempre aperta l'infinità delle possibilità. Simbolo di questa esistenza è il Don Giovanni, che passa da una donna all'altra senza legarsi nessuna di esse. Si generano però contraddizioni che portano al superamento della Vita Estetica: in primo luogo scegliendo di "non scegliere" vi saranno dei terzi che sceglieranno al posto dell'individuo ed in secondo luogo il Don Giovanni con il suo cambiar donne rischia di cadere nella temuta ed inevitabile noia degli eventi.

    Vita Etica: Forma di vita di chi sceglie di assumersi le responsabilità ed i doveri, il Don Giovanni legandosi ad una donna si fa in questa vita Marito e si prende cura della famiglia. Assumendosi le responsabilità di questa nuova veste alla lunga il soggetto rischia di farsi schiacciare dal senso di colpa derivante dall'eccessiva responsabilità; si determina così un nuovo passaggio.

    Vita Religiosa: Forma di vita che non libera l'uomo dal tormento ma anzi lo mantiene in questa condizione, essa scuote le coscienze facendo render loro conto dell'abisso del nulla. Questa esistenza porta alla solitudine del soggetto, ben rappresentato dalla figura di Abramo, personaggio biblico che disponendosi, per fede, a sacrificare il figlio, sarebbe stato condannato ed isolato tanto dalla morale quanto dal tribunale degli uomini. Proprio per questo paradosso di non razionalità, la vita religiosa implica la solitudine.

    Da questa ultima forma di vita emergono molti elementi, in ambito religioso, che ben sottolineano la dura posizione di Kierkegaard a tal riguardo. La Fedeviene in questo modo considerata come la massima dispensatrice della drammaticità dell'esistenza che, tramite l'evento emblematico del peccato originale, genera nell'uomo le condizioni di Angoscia e Disperazione. L'Angoscia è il sentimento provato di fronte all'infinità delle possibilità mentre la Disperazione è il sentimento provato dal singolo per sé stesso poiché conscio che scegliendo di essere "sé stesso" ha fatto una scelta inadeguata e precaria. Dio diventa così il "termine di paragone" con cui l'uomo si raffronta e così facendo non fa altro che rendersi ancor di più conto della nullità del proprio essere. La critica verso le religioni positiviste si riassume nella icona del Cristo morente in croce, che evidenzia come ogni religione, appunto, non sia nient'altro che una sofferenza.